Tecniche di manipolazione dell’informazione, da B. a Meloni
Tre principi base
Giornalmente se ne studiano nuove, ma i principi di fondo dell’informazione di regime sono quelli di sempre:
1)L’importante non è “fare”, ma “far credere di fare”;
2)Una notizia non è tale se non è resa “nota”, un avvenimento non esiste, se non è comunicato.
3)La comunicazione è in grado di creare dal nulla: di costruire colpevoli e innocenti, buoni e cattivi, eroi e vigliacchi, grandi uomini e piccoli vermi, di trasformare cattivi politici in abili statisti e abili statisti in cattivi politici, secondo l’orientamento predeterminato del giudizio da comunicare e secondo lo spazio dato alla notizia.
Un gruppo di esperti a servizio decide la notizia
E andiamo a casa nostra: secondo “Reporter sans frontières” nel 2023 l’Italia è stata classificata al 41° posto, comunque in discesa, rispetto agli anni passati, tra i paesi semiliberi, per quel che riguarda la libertà di stampa e d’informazione, in considerazione di minacce e attentati cui sono sottoposti i giornalisti, soprattutto da parte delle mafie o di specifici settori di potere, dalla politica alla magistratura, alle forze dell’ordine, che si servono della denuncia come arma per silenziare il dissenso, soprattutto nelle piccole testate o nelle emittenti locali. Quest’anno, dopo l’occupazione totale dei posti chiave della RAI, con allungamento delle mani verso Sky e La 7, dopo l’epurazione di una serie di giornalisti e conduttori, transitati ad altre emittenti, probabilmente scenderemo in classifica di una ventina di posti. Attraverso il meccanismo della distribuzione pubblicitaria, quasi interamente dirottata su pochi canali nazionali, in particolare Mediaset e La 7, grazie ai finanziamenti statali, i giornali, soprattutto quelli di partito, hanno creato una rete di “giornalisti dipendenti”, proni alle direttive dei partiti che li pagano o dei padroni di testate che fanno riferimento a questi partiti o ricevono da essi commesse pubblicitarie. Giornalmente, una equipe di cervelli addestrati decide quali devono essere le notizie da prima pagina, quale la notizia d’apertura, quali sono i termini da usare per rendere il fatto appetibile o poco credibile, importante o irrilevante. Sulla base della linea giornaliera, per lo più indicata dai giornali filogovernativi, gli altri, sia quelli che si dicono indipendenti, sia i giornali dell’opposizione, si allineano riproducendone l’impostazione, con lievi differenze. Una volta stabilita la configurazione del notiziario del giorno, questa viene passata, per lo più attraverso l’Ansa, a tutti i telegiornali, da Sky alla Rai, a La7: oggi è questa la notizia d’apertura, voglio ogni giorno un servizio sull’Ucraina e su Gaza, con le solite interviste alle vittime di guerra, e, per alcuni giorni, uno su fatti come quello di Altavilla Milicia; inevitabile un servizio sull’operato del governo che inizi con “Governo al lavoro…” Pertanto il tutto è omogeneizzato in una dimensione monocromatica: stesse notizie, stesse parole, stessi giudizi, spesso nello stesso momento, su tutti i canali.
La rassegna dei politici, come il Politbureau sovietico
È ormai d’obbligo la ripresa giornaliera, almeno per una volta, del premier e di alcuni suoi ministri, esponenti delle forze politiche che li hanno designati, cui seguono, in una specie di raddoppio, i responsabili politici di queste forze, uno per ogni partito, con qualche briciola e della stessa durata, alle grandi e piccole opposizioni. Immancabile il passaggio sui due vicepremier con il Padano in felpa, in camicia bianca, spesso in vestito e senza cravatta, in primo piano o in mezzo alla gente, a scattare selfie, sempre col cellulare all’orecchio, col sorriso o con lo sguardo truce, a seconda degli eventi del giorno: dispone di esperti curatori dell’immagine ed è più gettonato nei suoi atteggiamenti tipo “uno di noi” e nel suo linguaggio “popolare”: gli è concessa la sparata estemporanea nell’infruttuoso tentativo di arginare il fiume di voti che dalla Lega sta approdando a Fratelli e Cognati d’Italia; l’altro, il povero Tajani non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine del suo defunto padrone, e la faccia da impiegatuccio scrupoloso e leccapiedi di lungo corso, con altri camerieri al seguito. Tutti i giornali, sia cartacei che online, sono schiavi di questi ritratti, resi obbligatori dalla convinzione di chi trasmette, che si tratta di personaggi che fanno audience, che appartengono alla vita dell’individuo comune, oltre che alla nazione, quasi personaggi di famiglia penetrati in ogni angolo e diventati indispensabili nell’immaginario collettivo.
Sul teleschermo sfila una sorta di rassegna degli “uomini di regime” che ricorda, per molti aspetti il Politbureau e i sistemi di comunicazione sovietici. Non c’è proporzione con le immagini dell’opposizione, spesso inesistenti o irrilevanti: ogni tanto riemerge il fantasma di Berlusconi o di qualcuno dei suoi lacchè, tipo Gasparri, Fito ecc. Il PD e i 5 stelle vanno in scena con i loro esponenti più brutti, fotografati in immagini sgradevoli, cui si mettono in bocca banalità o frasi che possono essere facilmente fraintese e manipolate. La Schlein è la negazione del gradimento d’immagine in Tv e, al contrario della Giorgia, ha la non comune capacità di dire cose giuste in modo e nel momento sbagliato.
12 tecniche infallibili
I contenuti della comunicazione mediatica sono organizzati e manipolati da tecniche raffinate, utilizzate, da chi fa uso politico dell’informazione, senza scrupoli e senza decenza, con la menzogna indirizzata a suscitare odio e rigurgiti di violenza. Eccone alcune:
1)Lanciare la notizia, possibilmente gossip, come un’esca all’amo. Aspettare che il giornalista, di opinione possibilmente opposta, abbocchi e poi stroncarlo come uno che invece di fare giornalismo serio cerca calunnie per infangare il nemico politico. Una strategia del boomerang che non torna presso i furbi che lanciano lo strumento, ma verso coloro che lo raccolgono per rilanciarlo, convinti di fare lo scoop. Un esempio è quello di chi fa propria una fake news e la rilancia.
2) Tecnica del panino: inventata dal fedelissimo berlusconiano Mimun, ripristinata dal fedelissimo Minzolin, e tornata in auge, consiste nel dire l’opinione del governo, nel far seguire una critica, spesso “potata” e inconsistente dell’opposizione, e nel far seguire ancora la controreplica dei portavoce governativi oltre che dei politici al potere. Molto spesso i devotissimi della RAI, dopo una dichiarazione di qualche politico d’opposizione finta o reale che sia, si premurano di avvisare gli interessati della maggioranza, in qualche recente caso, di intervenire direttamente, per la controreplica nel corso dello stesso telegiornale e per annullare subito il senso di qualche intervento timidamente polemico.
3) Tecnica della mistificazione: basta accompagnare l’informazione taroccata con espressioni o finte cifre per renderla più credibile: per esempio “Ci siamo adeguati alla normativa europea…”, che non esiste, ma non importa, basta inventarsela; oppure “Secondo un sondaggio diffuso da (segue il nome della società cui è stato commissionato sia il sondaggio, con il risultato sempre favorevole alle decisioni governative ); oppure “secondo voci di corridoio…”, “pare che….” , “da informazioni da fonti attendibili …” : una volta trasmesso l’input, ritirare la mano non è più possibile: il lancio della notizia falsa ottiene sempre risultati maggiori di quanto non ne ottenga una successiva smentita o rettifica.
4) Tecnica del complotto: funziona sempre, quando si tenta in qualche modo di offuscare o “macchiare” la popolarità del leader: c’è qualcuno che trama nell’ombra, che ordisce congiure provenienti da misteriosi soggetti, che si vogliono sbarazzare di chi ostacola i loro interessi. Così si può accusare il nemico politico di un complotto ordito, nientemeno che per destabilizzare il governo e sostituire il suo capo, che invece resta impavido in sella “tetragono ai cimenti e al fato avverso”. Artefici del complotto diventano, a turno, i giornalisti, i magistrati, i partiti d’opposizione, i mafiosi, gli industriali o non meglio identificati “poteri forti” che vogliono sbarazzarsi con l’inganno di chi invece merita solo rispetto e devozione ed è stato eletto dal popolo che lo ama. Se non ci sono nemici interni, a causa della loro debolezza politica, si cerca il nemico estero, sia esso la Francia o la Germania o, più in generale l’Europa. Appartiene anche a questa categoria la “tecnica del mandante occulto”, che non esiste, ma cui si da esistenza nell’immaginario collettivo, in modo da potere individuare in un referente misterioso il colpevole. Persone dignitose, si sono a turno viste associare a questo ruolo. Che il complotto per liquidare la democrazia sia da tempo in atto è vero, ma a farlo collaborano e sono complici quelle forze politiche che non si rendono conto che l’acquiescenza porta ogni giorno alla perdita di un pezzo di libertà.
5) Tecnica del pingpong: consiste nel respingere e far rimbalzare sull’altro, individuato come nemico, le accuse utilizzate da questo per la sua campagna di discredito. Si attivano in tal senso gruppi di ricerca capaci di scavare nella vita privata dei soggetti, nella sua carriera, nelle frasi o nelle interviste rilasciate, sino a trovare quell’elemento, quella frase che può servire a rintuzzare le accuse e mostrare che l’oppositore non è migliore della parte offesa. Quindi l’aggressione dell’avversario con il ribaltamento, su di lui dell’eventuale accusa infamante: in passato abbiamo avuto esempi come quello di Di Pietro vittima di campagne di diffamazione studiate a tavolino, presentato come pervertito, ladro, corrotto, arricchitosi indebitamente con i soldi del partito. Stessa cosa dicasi di Fini, con la storia della casa a Montecarlo o di Di Maio, sul quale si faceva ricadere la responsabilità dell’abusivismo paterno. Idem è successo in altri tempi con Veronica Lario, che dopo il suo atto di coraggio e la sua denuncia nei confronti delle perversioni del marito, si è vista aggredire da infami calunnie, accreditare pretesi amanti ed è stata sbattuta, sempre sui giornali del padrone, con le tette al vento. In pratica la cosiddetta macchina del fango, originariamente chiamata metodo Boffo, in riferimento al giornalista costretto alle dimissioni dall’Avvenire per una nota informativa successivamente dichiarata falsa dallo stesso killer Feltri che l’aveva tirata fuori. In pratica quello che tu dici a me lo rigetto su di te: vince chi ha più strumenti e giornali per far passare la propria posizione.
6) È il principio di Goebbels: “Una bugia detta mille volte diventa una verità”. Sin dai tempi di Nerone, che incolpò i cristiani dell’incendio di Roma, per arrivare al caso di Telecom Serbia, il piano studiato a tavolino, con un falso testimone che avrebbe dovuto testimoniare che Prodi era un corrotto: addirittura sul caso Mitriomtikin si fece anche una commissione parlamentare che, grazie all’onesta di alcuni suoi componenti, non accertò nulla. Qualcosa del genere si sta cercando di ripetere con la proposta di una commissione sulla gestione del periodo del Covid, nel tentativo ben evidente di impallinare Conte e Speranza. Ma si pensi anche ai complotti dei magistrati “comunisti” che una volta volevano, a comando e a qualsiasi costo criminalizzare il premier verginello e innocente. Da Telecinco a Mills. Oppure ai giudici carogna di Mani Pulite che hanno causato il suicidio di tanti poveri innocenti, o l’esilio del nobile socialista Craxi. In altri termini il revisionismo storico si lega al principio della storia scritta dai vincitori.
7) Tecnica dell’antipolitica: a Berlusconi si poteva perdonare tutto, perché non era un politico di professione, ma un imprenditore prestato alla politica. Qualcosa del genere si è tentato di fare anche nei confronti di un politico navigato, come Salvini, presentato come nemico della tradizionale politica, attribuita alla sinistra, e nei confronti di Grillo e dei ministri stellati. Si giustificano sostenendo che non conoscono il linguaggio e i trucchi della politica e perciò spesso si lasciano andare a gaffe e a minchiate che, a seconda delle reazioni, vengono smentite subito dopo. Male che vada si dà la colpa ai giornalisti venduti, che deformano certe affermazioni ufficiali indiscutibili. Ma anche questa è una tecnica: lanciare la pietra e ritirare la mano. Per questo bisogna avere comprensione: tutta la fila dei devotissimi, pronti sempre a dire “Il capo ha sempre ragione”, “io sto con….” “guai a chi tocca… “, trova sempre il modo di giustificare qualsiasi “sparata” e qualsiasi scelta politica inopportuna o miniscandalo nel quale il padrone di turno incappare
8) Tecnica del vittimismo: Si comincia sin dal primo giorno dell’elezione: “E adesso lasciamoli lavorare”. L’opposizione viene vista come un fastidioso disturbo che ostacola le giuste manovre del premier e dei suoi vice. Addirittura può diventare “eversiva” se si permette di dire che è ora di cambiare uomini e politica. Pertanto si imbastiscono complotti, si fabbricano false prove, si truccano i risultati elettorali, si inventano episodi inesistenti, insomma si appioppa tutto il male del mondo a chi sta dall’altra parte, anche nel caso che dovesse avere la sola colpa di esistere. Mentre le orde dei comunisti, che hanno portato l’Italia alla rovina, si mobilitano in ogni parte della nazione per diffondere il male e l’odio, per fortuna c’è chi è diventato lo strenuo difensore dell’integrità del territorio italiano, rispetto all’invasione dei barbari latori di malattie, di droga, di violenze ecc. e scippatori dei posti di lavoro appartenenti di diritto agli Italiani
9) Tecnica dell’apoteosi: Quella della santificazione è una strategia conforme a quelle che usavano e usano i regimi totalitari: il premier , visto come colui che non dorme, ma riposa, che sfibra le sue stanche ossa per servire il paese, che sa quando intervenire, che risolve con la bacchetta magica i problemi della monnezza napoletana, dell’abusivismo romano, del ponte caduto a Genova, quelli del post-terremoto abruzzese, che siede tra i grandi, anzi, presiede, per turno, accreditando l’immagine di statista con dichiarazioni apprezzate universalmente, il tutto con contorno di pubblicazioni con foto truccate, al cui centro c’è sempre , il/la divina, l’ineffabile, la prescelta dal Signore.
10) tecnica dell’oscuramento: un personaggio esiste finché esiste in televisione: oscurarne l’immagine è come cancellarlo dal novero delle persone “esistenti”: esempi come quelli di Prodi, Veltroni, Bertinotti, Previti, Luttazzi, Guzzanti, Vendola, scomparsi o eliminati dai teleschermi, ci danno l’idea di quanto la visibilità d’un personaggio ne confermi l’esistenza e la notorietà. Il suo contrario è dato dalla tecnica della sovraesposizione, in cui quotidianamente bisogna parlare del personaggio, qualsiasi cosa esso combini, sia quella di avere il torcicollo o di acchiappare a volo una mosca.
11) tecnica del particolare come elemento per confermare la tesi di partenza: si tratta di inserire, in un contesto di dati citati a dimostrazione di un assunto, un particolare, spesso casuale, altre volte presunto, per dare un colore più forte alla dimostrazione: se Fini ha ammesso di avere fumato uno spinello, Fini diventa un individuo “sospetto” e non moralmente integro; se tra le persone che organizzano feste di vip c’è implicato un amico di un trafficante di cocaina, la cocaina diventa un elemento da associare all’insieme, anche se non giudiziariamente provato: esiste una verità giudiziaria, spesso calpestata, e una verità di fatto, maturata nell’opinione pubblica attraverso la gestione dei mass media, che finisce col prevalere sull’altra.
12) tecnica del “pompaggio”: si individua tavolino la notizia, per lo più di cronaca, che si vuole gonfiare e verso la quale far convogliare l’attenzione della gente: in genere si tratta di situazioni che coinvolgono gli affetti familiari, come nel caso di Cogne, oppure piccole orge tra amici di una tranquilla provincia, come nel caso di Meredith, oppure di pratiche demoniache, come nel caso di Altavilla Milicia, di mostri e serial killers pronti a colpire nell’ombra. Non è il pubblico a mostrare le sue “morbose” curiosità verso un fatto, ma il giornalista che, “pompando” quel fatto lo fa diventare oggetto d’interesse. Spesso tutto ciò serve a distrarre da problemi più gravi dai quali si vuole distogliere l’attenzione. Più sottile e perverso è il rapporto di cronaca con gli stranieri o gli extra-comunitari: se qualcuno di essi è coinvolto in un delitto, se ne trae occasione per montare una campagna di stampa sulla sicurezza e sulla necessità di chiudere le frontiere. Se si tratta di italiani, la cosa finisce col rientrare nella “normalità” della cronaca. Il pompaggio riguarda infiniti altri argomenti, come ad esempio la guerra di cifre dei partecipanti alle manifestazioni, tra quelle della questura e quelle denunciate dagli organizzatori.
Esistono naturalmente altre sottili strategie, con l’uso sapiente delle quali si può fare giornalmente campagna elettorale e procacciare consensi in modo spregiudicato. Gli americani ne hanno studiato tante, ma almeno, tra di essi esistono persone e testate giornalistiche in grado di denunciare e mettere in crisi gli intoccabili, a cominciare dal presidente. In Italia questo è ormai un principio irrimediabilmente perduto. Il dilagante “neofascismo morbido” si intrufola negli spazi della democrazia per eroderli giornalmente, lasciando credere che tutto è interno al contesto delle regole democratiche. Che poi non è tanto morbido, se si pensa alle violente e gratuite cariche poliziesche nei confronti di ragazzi manifestanti a Pisa e a Firenze.
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