Trattativa, Di Matteo: oggettività dei fatti è dimostrata, altro che teorema
26 febbraio 2024
L'intervista della giornalista Anna Lisa Maugeri al sostituto procuratore nazionale antimafia
“A colpire in questi anni è stata la distorsione della realtà processuale. La volontà di far credere che noi ci siamo mossi soltanto sulla base di un teorema, mentre invece noi ci siamo mossi su fatti che erano venuti fuori anche prima della nostra indagine”.
"determinati fatti, a mio avviso molto gravi e importanti, sono rimasti lì intatti nella loro dimostrazione attraverso le prove".
Le sentenze si rispettano ma si possono criticare
Il pericolo della giustizia di classe
Durante l’intervista, realizzata per Crescere Informandosi, Anna Lisa Maugeri assieme al sostituto procuratore nazionale antimafia hanno commentato anche le recenti proposte di riforma in tema di giustizia italiana. Il DDL Nordio ha fatto molto discutere per i pericoli celati dietro il falso mito della messa a punto del sistema giustizia. Dall'abrogazione del reato di abuso d'ufficio, alla modifica del reato di traffico di influenza illecita, dalla “legge Bavaglio”, con cui si vieta ai giornalisti di pubblicare integralmente o in parte il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare, fino ad arrivare alla necessità - secondo il Guardasigilli - di limitare le intercettazioni per uso investigativo.
“Purtroppo, da anni le riforme e i progetti di riforma si susseguono l'uno dietro l'altro, quindi sembra quasi che non ci sia nessuna organicità nel tentativo di riformare la giustizia - ha sottolineato Di Matteo -. A me colpiscono due fattori. Intanto la distanza siderale che si crea tra le questioni di cui si dibatte oggi a livello politico in Parlamento e le esigenze reali della giustizia, che sono legate soprattutto, parlo per il settore penale, alla lentezza dell'accertamento processuale”. Secondo il magistrato palermitano “non si fa nulla per snellire, velocizzare i processi, si parla di tutt'altro”. Servirebbe una visione unitaria della giustizia, “uno sguardo d'insieme” per comprendere la direzione che intrapresa dal Governo.
Riforme pericolose
È proprio lo sguardo d'insieme che preoccupa, perché se noi mettiamo insieme tutti questi progetti, ci rendiamo conto che il rischio è quello di creare una sorta di scudo di protezione per i potenti.
Per sconfiggere il sistema mafioso serve anche l’impegno della Politica
Da un lato, dunque, il pericolo di una giustizia classista, immobile nei confronti dell’arroganza e degli abusi del Potere istituzionale, dall’altro, invece, un sistema criminale che prolifera affinando le sue tecniche e i suoi affari.
Abbandonando, dunque, l’idea di una criminalità esclusivamente di strada guardando sempre più al mondo dell’imprenditoria e dell’economia. Viene esplicito chiedersi: cosa fare? “Se ancora dopo oltre 150 anni nel nostro Paese si parla di mafia, se siamo arrivati alla diciottesima legge istitutiva della commissione parlamentare antimafia ancora non è stata vinta la guerra è proprio perché la mafia, in particolare Cosa nostra siciliana, non è mai stata soltanto un fenomeno criminale comune ma si è alimentata dei rapporti con il potere e con le istituzioni è sempre stato così - ha spiegato Di Matteo -.
Questa guerra potrà essere vinta al di là delle singole battaglie, soltanto a condizione che si spezzi definitivamente il nodo dei rapporti tra la mafia e la politica, tra la mafia e le istituzioni, tra la mafia e le pubbliche amministrazioni”.
Per portare a compimento questa sfida, però, “non solo l'impegno della repressione poliziesca e giudiziaria, purché sia importante, non è sufficiente”. “È necessario un impegno politico che metta la lotta al sistema mafioso nei primi posti dell'agenda politica di qualsiasi governo di qualsiasi colore - ha detto il magistrato -. E poi si deve accompagnare accanto all'eventuale responsabilità penale di certi comportamenti anche la responsabilità politica. Faccio un esempio, i partiti politici dovrebbero capire che al di là della commissione o meno di un reato, se un soggetto candidato nelle proprie liste mantiene dei rapporti con dei mafiosi, consapevolmente, sapendo che quelli sono mafiosi, anche se questi rapporti non rappresentassero un'ipotesi di reato, quei rapporti dovrebbero essere sanzionati a livello politico, per esempio attraverso l'esclusione dalle liste del soggetto candidato”. Fino ad ora purtroppo “non è stato così - ha aggiunto Di Matteo -.
Il dramma di questo Paese è che si è identificata la responsabilità di certi comportamenti e di certe collusioni con la sola responsabilità penale. Se non c'è o non viene provata la responsabilità penale, nel nostro Paese non viene fatta valere la responsabilità politica, la responsabilità disciplinare, la responsabilità deontologica.
È stato sostanzialmente delegato tutto sulle spalle della magistratura, dell'inchiesta penale, dei pubblici ministeri e dei giudici penali. Questo è il dramma che ancora oggi ci fa fare i conti con una mafia che magari è diversa rispetto a 30 anni fa ma che è ugualmente pericolosa perché più nascosta, più insidiosa e forse anche rispetto a 30 anni fa più capace di movimentare ingentissime quantità di denaro, di influenzare la grande economia, la grande finanza e di riciclare i soldi sporchi in attività lucrose apparentemente lecite”.
[link]
Commenti
Posta un commento